LFF e “The White Helmets”: alcune doverose precisazioni.
Il Lucania Film Festival risponde ad alcune accuse non veritiere e offensive presenti sulla stampa e sui social, basate peraltro su una teoria bizzarra, infarcita di imprecisioni e falsità che potrebbero minare l’immagine di un evento longevo e ampiamente accreditato nella rete dei festival indipendenti del mondo, meritevole di ospitare opere filmiche e cineasti internazionali e da sempre sinonimo di tolleranza e disponibilità al dialogo ed al confronto.
Il motivo di una polemica (spesso condita di mala fede) nei confronti del team del festival è da individuare nell’invito al LFF inoltrato pubblicamente su Twitter all’operatore fotografico presente nel cast del documentario prodotto da Netflix “The White Helmets”, Khaled Khateeb, al quale è stato vietato l’ingresso negli Stati Uniti (a causa del nuovo bando di Donald Trump sull’immigrazione) dove il film ha partecipato alla cerimonia degli Oscar, vincendo tra l’altro l’ambita statuetta, dopo il riconoscimento già ottenuto al Toronto Film Festival.
Khaled, così come il regista del documentario, l’inglese Orlando von Einsiedel, va precisato, non sono ospiti d’onore del LFF né l’opera è in programmazione o in concorso. Al momento c’è un semplice invito della direzione del LFF, rispetto al cui intento non si ravvisano motivazioni per retrocedere, nonostante qualcuno voglia far passare il messaggio che questa iniziativa possa corrispondere ad un sostegno ai terroristi in Siria. Niente di più inaccettabile che associare il LFF a propagandisti di massacratori, accusa perseguibile penalmente.
Il documentario, che narra la storia degli elmetti bianchi presentandoli come volontari che in Siria intervengono per i soccorsi sui luoghi oggetto di bombardamento, celerebbe, secondo chi oggi chiede al LFF di ritirare l’invito agli autori del film, la verità relativa ai “The White Helmets”, ovvero la loro appartenenza a frange di Al Qaeda ed Isis ed un operato sempre dalla parte dei terroristi e contro la popolazione civile.
Fra l’altro la tesi viene fatta supportare da un pronunciamento di Emergency che certificherebbe l’ambiguità dell’organizzazione. Peccato che il pronunciamento sia stato smentito dalla stessa Rettifica Emergency – White Helmets che non ha mai preso una posizione del genere sui White Helmets. La smentita di Emergency ha evidenziato, in maniera immediata e consequenziale, la faciloneria con cui si dà credito a notizie che non vengono verificate.
Proprio Emergency fu ospite con Cecilia Strada del LFF nella speciale edizione materana del 2006, quando fu aperto uno specifico focus sul cine giornalismo di guerra, nel quale vennero ammesse numerosissime voci e testimonianze dagli scenari più caldi del pianeta, a conferma della funzione che il Festival ha sempre ritenuto di voler svolgere senza sottrarsi a trattare tematiche di primo piano che, in quel caso, hanno narrato gli orrori malcelati dai conflitti ed il prezioso ruolo dei giornalisti.
IL LFF pondera le sue scelte e le concretizza rimanendo nell’ambito della legalità e nei principi sanciti dai circuiti internazionali del Cinema e non si erge a tutore di una lettura univoca di una situazione intricata e complicatissima come quella siriana. Soprattutto, non ritiene di poterla ricondurre alle categorie manichee dei “buoni” e dei “cattivi”, pur riuscendo a mantenere una lucida capacità di analisi del quadro geopolitico, mediante studio dello stesso e evitando di ricadere negli echi di una propaganda ideologica e grossolana. La situazione siriana appare come una babilonia di complessità e contraddizioni, in cui determinati fenomeni, compreso quello dei volontari con i caschi bianchi, vanno analizzati e contestualizzati pertinentemente, senza posizioni preconcette e dogmatiche e senza la pretesa di far derivare da frammenti di notizie (vere o false che siano) certezze assolute, dalle quali partorire solo una visione mistificata e autoritaria della realtà dei fatti.
Sono state analizzate tutte le perplessità e i dubbi mossi sugli elmetti bianchi, anche quelle espresse con una virulenza inaccettabile. L’organizzazione del LFF ne ha preso atto e, come prassi, ha colto l’occasione per approfondire ulteriormente una tematica che segue da tempo.
Il LFF ha attivato la fitta rete di relazioni internazionali per approfondire il caso, e non per la messa in discussione della proiezione del film: Emergency, Agenzia OCHA, fondazione per accoglienza profughi, giornalisti freelance italiani e siriani e cittadini siriani.
Citando altre fonti ufficiali, va ricordato che Medici Senza Frontiere forma i White Helmets affinché possano intervenire al meglio nei soccorsi sul campo, mentre la giuria svedese del Right Livelihood Award ha attributo a questi volontari il premio Nobel Alternativo dopo averlo riconosciuto in passato a personalità del calibro di Gino Strada e l’Academy ha ritenuto di tributare un Oscar al film che ne racconta le attività.
E’ opportuno riportare, inoltre, il rapporto ufficiale dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari.
Rappresentata la molteplicità di posizioni, giova precisare che al LFF interessa la dimensione filmica dell’opera e del suo umanesimo, insieme all’opportunità di confronto anche acceso che essa determina. C’è piena consapevolezza del carico di polemiche che il documentario porta con sé e non c’è alcuna intenzione di censurarle: da censurare ci sono invece le offese gratuite e un linguaggio che non appartiene alla cultura del dibattito civile.
Il LFF non ritiene di essere in possesso di alcuna verità assoluta ed è disponibile a dare il suo contributo affinché anche l’eventuale incontro con gli autori del documentario possa essere utile a fornire elementi di chiarezza ed affrontare anche gli aspetti controversi della storia dei Thw White Helmets, in un dibattito al quale invitiamo anche chi oggi ha ritenuto di alimentare i toni di una protesta infruttuosa, che ci sorprende e ci sconcerta nella misura in cui qualcuno davvero pensa di poter porre un limite alla libertà di espressione e artistica come quella che il LFF si propone di promuovere in un territorio inusuale, da quasi venti anni.